Emiliano Favilla, comitato Salvataggio Imprese e Turismo (balneari), chiede le dimissioni del ministro allo sviluppo economico Carlo Calenda: “Da tempo affermiamo che è necessario passare dalle parole ai fatti. È necessario che questi fatti li faccia il Governo con proposte concrete e univoche, evitando di far cadere su 30.000 imprese continue docce scozzesi che creano allarme, scoramento e altissima tensione.

Le parole chiaramente espresse dal Ministro allo sviluppo Economico Carlo Calenda non collimano per nulla con quanto più volte affermato dal ministro agli affari regionali Enrico Costa, dalle Regioni e da molti esponenti di tutte le forze politiche.

Parole che tolgono ogni possibile alibi a quelle ormai poche sigle sindacali balneari che ancora considerano positivamente il Disegno di legge delega presentato dal Governo.

Tali dichiarazioni, non solo sorprendono ma è evidente che tengano in scarsissima considerazione tutte quelle valutazioni sul ruolo sociale ed economico e di supporto alle stesse funzioni che sarebbe specifico compito dello Stato stesso e che, da ormai quasi un secolo, svolgono le imprese balneari.

E grazie proprio ad il Legittimo affidamento, gli stabilimenti balneari sono un orgoglio per l’Italia in Europa e nel mondo, e questo è universalmente riconosciuto, anche dalla stessa politica e in più di una occasione.

La colpa dei balneari è solo quella di essere stati bravi e capaci imprenditori che senza nessun aiuto di Stato, anzi pagando un canone allo Stato e uno alla Regione, canone per altro sempre stabilito dallo Stato stesso,fa registrare un valore aggiunto di oltre 800 milioni di euro. Canoni stabiliti dallo Stato che hanno creato tra l’altro disparità e disuguaglianze tra balneari con canoni OMI inaccettabili.

Vergognoso invece chi attacca le imprese balneari familiari, ignorando di rappresentare chi decide per esempio proprio il canone … Al Ministro dovremmo chiedere perché invece non si schifa dei miseri canoni per la prospezione, ricerca, coltivazione e stoccaggio delle piattaforme in mare per pozzi petroliferi e del gas che sono bassissimi.

I canoni per la prospezione, ricerca, coltivazione e stoccaggio sono talmente bassi da vergognarsi veramente: dai 3,59 euro a kmq per le attività di prospezione, ai 7,18 per i permessi di ricerca, fino ai 57,47 euro circa a kmq per le attività di coltivazione. Le royalties previste per trivellare in Italia, pari al 10% e al 7% per il petrolio in mare, sono irrisorie; inoltre, sono esenti dal pagamento di aliquote allo Stato le prime 20 mila tonnellate di petrolio prodotte annualmente in terraferma, le prime 50 mila tonnellate prodotte in mare, i primi 25 milioni di metri cubi standard di gas estratti in terra e i primi 80 milioni di metri cubi standard in mare. Sono esentate dal pagamento di qualsiasi aliquota le produzioni in regime di permesso di ricerca. Alle casse dello Stato italiano vengono versati dalle multinazionali del petrolio circa 350 milioni di euro all’anno: un’inezia.

Un’inezia peraltro quasi compensata dagli elevati sussidi di cui godono le fonti fossili: 246 milioni di euro di aiuti erogati sotto forma di investimenti e finanziamenti da enti pubblici come Cassa Depositi e Prestiti (CDP) e Servizi Assicurativi del Commercio Estero (SACE).

Queste imprese multinazionali che non pagano ne IMU ne ICI, ma bensì beneficiari di un atto di forza del Governo Renzi nel prolungare a vita le concessioni delle multinazionali del petrolio, finché tutte le risorse del sottosuolo non sono dichiarate esaurite dalla società stessa. Queste imprese che invece hanno iniziato a lavorare quando era stabilita una data certa di scadenza, ora invece grazie al Governo Italiano hanno una possibilità continuità di estrazione e inquinamento dei fondali, del mare con gravi ripercussioni sul turismo balneare costiero, atto operato malgrado la contrarietà espressa dal Consiglio di Stato.

Questa vicenda, noi crediamo, si meriti un unico epilogo : le Dimissioni del Ministro.

Nel momento in cui il Governo vuole tirare una riga introducendo nuove norme nel settore balneare, dobbiamo essere coscienti che sotto quella riga c’è tutto un mondo che esiste, che rappresenta un altissimo valore in termini economici e sociali, che è nato e si è sviluppato nel rispetto di norme, nella legalità e nello sviluppo sostenibile che per quelle imprese hanno rappresentato un preciso impegno da parte dello Stato italiano e sulle quali hanno fondato le loro scelte di vita.

È questa una realtà che non ci possiamo permettere di sottovalutare e tanto meno di ignorare. Noi crediamo che un Governo che vada in Europa subito, forte di un mandato così condiviso, abbia l’autorevolezza e tutte le ragioni da vendere per convincere anche la Commissione europea che una soluzione è possibile e che deve essere definita velocemente, così da togliere dalla precarietà un sistema di piccole e medie imprese che, come tutte le imprese, ha bisogno di certezze per programmare e sviluppare un futuro di crescita e investimenti.

Noi ci aspettiamo questo, non altro e tanto meno offese alla nostra dignità di imprese balneari familiari oneste.”

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